Thriller storico ambientato alla fine del 17oo
Suggerimento di lettura: La taverna degli assassini
Questo lunedì, un suggerimento di lettura: La taverna degli assassini di Marcello Simoni.
La premessa è che questo thriller – un regalo molto gradito – è il primo romanzo che leggo di quest’autore. Solitamente, devo leggerne più di uno, prima di decidere se davvero lo ritengo valido, tuttavia questi thriller mi ha colpito a sufficienza da suggerirlo.
Antefatto: Walter Scott - Manzoni - Umberto Eco
Naa, tranquilli: non faccio una lezione sul Romanzo Storico, ma due parole sul filo che lega questi scrittori, sì.
Tutti i manuali di Storia della Letteratura ci dicono che Walter Scott, soprattutto con il suo Ivanoe, diede il via al genere.
E in effetti è così.
Già il Romanzo è un prodotto fondamentale dell’800, ma questo secolo ha un’altra caratteristica – in verità ne ha molte, alcune buone e altre meno. Può essere che un giorno ci scriva sopra qualcosa su questo secolo così incredibile – : scopre la Storia, quella fatta non dai grandi uomini ma dal popolo e inventa l’Archeologia.
Naturalmente oltre a molto altro.
Non stiamo qua a indagare sul perché: è un dato di fatto.
Alessandro Manzoni sposa in pieno questa visione dello scrittore inglese e scrive, tra le altre sue opere, I promessi sposi.
Umberto Eco s’inserisce a sua volta in questo filone e produce un altro capolavoro epocale inserendo il romanzo storico all’interno del genere thriller: Il nome della rosa.
Qual è la principale caratteristica di un romanzo storico? La ricerca del verosimile.
Ovvero lo scrittore crea un contesto storicamente attendibile e vero o verosimile che sia quello dell’epoca in cui ha deciso di ambientare i suoi personaggi fittizi e non.
E Marcello Simoni in questo senso è accuratissimo e bravo.
La taverna degli assassini
Il romanzo è ambientato nel 1793, nel granducato di Toscana.
L’investigatore è Vitale Federici, un militare che è stato costretto ad abbandonare l’esercito e che si è ricostruito una fama come risolutore di enigmi.
Federici viene invitato dal barone Calendimarca a risolvere un omicidio piuttosto singolare avvenuto nel suo vigneto.
Federici arriva al castello del barone insieme al suo pupillo, Berardo della Vipera.
Tutta la vicenda ruota attorno a una cantina, a una taverna e a un nuovo vitigno toscano.
Attorno al vino, insomma, e alle sue implicazioni economiche in quegli anni tormentati di fine 1700.
In sottofondo abbiamo i rapporti tra il Granducato di Toscana e la Francia in piena Rivoluzione.
Sulla vicenda non vi racconterò altro: mi pare di aver già messo sul piatto parecchi motivi per leggere questo libro, se come me amate il genere.
Marcello Simoni e il thriller storico
Simoni, che prima di diventare uno scrittore era un archeologo archivista, pubblica il suo romanzo d’esordio nel 2011: Il mercante di libri maledetti, con il quale vince il Premio Bancarella.
Seguono una serie di romanzi storici: La biblioteca perduta dell’alchimista, Il labirinto ai confini del mondo e molti altri titoli, perché Simoni è un autore decisamente prolifico che ha venduto nel mondo oltre un milione di copie.
La serie delle indagini di Vitale Federici, al momento è composta da due titoli: La cattedrale dei morti e, appunto, La taverna degli assassini, uscito nel 2023.
Più divertente di Umberto Eco?
La taverna degli assassini è un thriller sicuramente ben scritto, con dei riferimenti storici accurati che vengono documentati dall’autore alla fine del racconto.
E’ anche ben costruito, nel senso che la vicenda si dipana – com’è giusto che sia, visto il genere – attraverso diversi momenti di suspense.
Quello che in realtà mi ha meno convinta è non tanto il personaggio di Federici, ma il suo rapporto con l’allievo che si porta dietro: uguagliare Guglielmo da Baskerville e Adso da Melk, non è possibile!
Ho davvero apprezzato questo romanzo e mi sono divertita a leggerlo, ma che il suo autore venga definito come
” l’unico legittimo erede di Umberto Eco … più divertente del maestro”
mi ha creato non poco imbarazzo: la ricchezza del pensiero, del rapporto e del linguaggio che intercorrono tra Guglielmo e Adso, i protagonisti de Il nome della rosa, non sono paragonabili.
Mi è parso in ogni caso inelegante e persino controproducente per il nostro autore fare un simile accostamento.
In conclusione, nell’attesa di leggere altri libri di Simoni, vi consiglio vivamente questa lettura perché è gradevole, avvincente e coinvolgente, senza tirare in ballo e a sproposito il Maestro che, per inciso e per chi fosse curioso, di copie del suo thriller storico ne ha vendute 55 milioni in tutto il mondo.